Natural hydrogen resource accumulation in the continental crust

“Codesto gas idrogeno è una sostanza assai graziosa. Esso è si leggero che solleva altri corpi. E assai più leggero dell’atmosfera.”

Michael Faraday

Nel contesto della transizione energetica e della decarbonizzazione, la ricerca di fonti alternative e sostenibili di energia ha assunto un’importanza cruciale. L’idrogeno, in particolare, è considerato un vettore energetico promettente grazie alla sua versatilità e al basso impatto ambientale se prodotto in maniera pulita. Sebbene le attuali tecnologie si concentrino principalmente sulla produzione industriale dell’idrogeno, un crescente corpo di studi scientifici suggerisce che la crosta continentale terrestre possa rappresentare una fonte naturale di idrogeno di grande interesse. Questo articolo di divulgazione si basa sulla recente rassegna pubblicata su Nature Reviews Earth & Environment (2025), che analizza i meccanismi geologici alla base della generazione, migrazione e accumulo dell’idrogeno naturale, le sue potenzialità come risorsa economica e le sfide ancora aperte.

Ballentine, C.J., Karolytė, R., Cheng, A. et al. Natural hydrogen resource accumulation in the continental crust. Nat Rev Earth Environ 6, 342–356 (2025). https://doi.org/10.1038/s43017-025-00670-1

Origine geologica dell’idrogeno naturale

L’idrogeno molecolare può formarsi naturalmente all’interno della crosta terrestre attraverso due processi principali: le reazioni acqua-roccia e la radiolisi. Le prime avvengono quando minerali ferrosi (contenenti Fe2+) presenti in rocce ultrafemiche vengono ossidati dall’acqua, producendo Fe3+ e rilasciando idrogeno. La radiolisi, invece, è il risultato della dissociazione delle molecole d’acqua provocata dal decadimento radioattivo di elementi come uranio, torio e potassio. Entrambi i processi operano su scale temporali molto ampie, dai migliaia ai miliardi di anni, e sono influenzati dalla presenza di acqua nei pori delle rocce, dalla porosità e permeabilità delle formazioni geologiche e dalla composizione mineralogica. La comprensione approfondita di questi meccanismi permette di identificare le aree più promettenti per l’accumulo di idrogeno naturale.

Il costo dell’idrogeno verde da fonti energetiche rinnovabili dovrebbe diminuire entro il 2050 grazie all’economia di scala e all’efficienza tecnologica. Il costo e l’impronta di carbonio dell’idrogeno naturale dipenderanno dalla qualità della produzione del giacimento di gas e dalla purezza dell’idrogeno. Il valore dei gas co-prodotti come l’elio, presente in alcuni tipi di sistemi a idrogeno naturale, non è incluso in queste stime. Il costo e l’impronta di carbonio dell’idrogeno naturale lo renderebbero una fonte di idrogeno altamente competitiva. CCS, cattura e stoccaggio del carbonio.

Migrazione e accumulo dell’idrogeno nella crosta

Perché l’idrogeno generato possa essere sfruttato, esso deve migrare dai luoghi di produzione verso trappole geologiche in cui può accumularsi. La migrazione può avvenire in fase disciolta nei fluidi sotterranei o, più efficacemente, in fase gassosa se la concentrazione supera la soglia di solubilità. La formazione di una fase gassosa è essenziale per un recupero economico e dipende da fattori come pressione, temperatura e salinità. L’idrogeno può essere intrappolato in strutture sedimentarie sovrastanti la roccia sorgente o all’interno di fratture a bassa permeabilità. Tuttavia, l’efficienza di questo processo è minacciata dalla sua alta mobilità, dalla solubilità in acqua e dalla suscettibilità a reazioni chimiche e microbiologiche che possono consumarlo. Studi su elio e altri gas nobili co-prodotti offrono utili analoghi per tracciare i percorsi migratori e stimare la probabilità di accumulo.

Tipologie di ambienti geologici favorevoli

I contesti geologici più favorevoli all’accumulo di idrogeno naturale includono: i complessi di ofioliti, ricchi in rocce ultrafemiche suscettibili alla serpentinizzazione; i graniti alcalini, con alta concentrazione di elementi radioattivi per la radiolisi; le province ignee estese, dove abbondano le reazioni acqua-roccia; e le cinture di rocce verdi archeane, associate a processi geochimici antichi. In alcuni casi, come nel campo di Bourakebougou in Mali, sono stati scoperti giacimenti con idrogeno di purezza superiore al 97%, dimostrando la fattibilità economica di tali accumuli. Tuttavia, la presenza di altri gas come elio, metano e azoto è frequente e influisce sulla composizione e sul valore commerciale della miscela gassosa.

a-j, contesti geologici dei terranei in cui si potrebbero trovare potenziali sistemi commerciali di idrogeno naturale (lettere nei cerchi): sorgente di roccia acquosa ofiolitica (a), con migrazione in serbatoi clastici sovrastanti all’interno di strutture di rift (b); graniti radiogenici con sorgente di radiolisi (c), intrappolati in strutture di bacini salini (d); basalto alluvionale e sorgente di roccia acquifera (e), intrappolati in sedimenti clastici vicino a strutture saline e di inversione (f); graniti radiogenici con sorgente di radiolisi (g), intrappolati in graniti fratturati (h); e sorgente di roccia acquifera ultramafica (i), intrappolata in rocce carbonatiche e clastiche sovrastanti e trappole a sill (j). Le coppie di rocce sorgenti e trappole illustrate in diversi terranei formano solo sistemi idrogeno esemplari, con diverse permutazioni che offrono ulteriori possibilità, soprattutto ai confini dei terranei. Il costo dell’idrogeno verde da fonti energetiche rinnovabili dovrebbe diminuire entro il 2050 grazie all’economia di scala e all’efficienza tecnologica. Il costo e l’impronta di carbonio dell’idrogeno naturale dipenderanno dalla qualità di produzione del giacimento di gas e dalla purezza dell’idrogeno. Il valore dei gas co-prodotti come l’elio, presente in alcuni tipi di sistemi a idrogeno naturale, non è incluso in queste stime. Il costo e l’impronta di carbonio dell’idrogeno naturale lo rendono una fonte di idrogeno altamente competitiva. CCS, cattura e stoccaggio del carbonio.

Preservazione dell’idrogeno nel tempo

Una delle maggiori sfide nello sfruttamento dell’idrogeno naturale è la sua preservazione nel tempo geologico. L’idrogeno è altamente reattivo e può essere consumato da microrganismi (come metanogeni e riduttori di solfato) o reagire chimicamente con minerali e composti presenti nelle rocce. La sua diffusione può essere lenta in ambienti a bassa permeabilità, ma è sufficiente a causarne la perdita nel lungo periodo se non sono presenti sigilli geologici efficaci. Le migliori condizioni di preservazione si trovano in sistemi isolati idrogeologicamente, con porosità e permeabilità ridotte, e dove la temperatura è sufficientemente bassa da limitare le reazioni abiotiche ma anche troppo elevata per un’intensa attività microbica. Comprendere l’interazione tra biogeochimica e geologia è fondamentale per stimare la durabilità di eventuali riserve.

Potenzialità economiche e sfide tecnologiche

Dal punto di vista energetico, l’idrogeno naturale presenta un’impronta carbonica molto bassa, fino a 0.4 kg di CO2 per kg di H2 prodotto, rendendolo competitivo rispetto all’idrogeno verde o blu. I costi stimati di produzione sono compresi tra 0.5 e 1 dollaro al kg, anche se dipendono da purezza, profondità e portata del giacimento. Tuttavia, è fondamentale chiarire che l’idrogeno naturale non è una risorsa rinnovabile su scala umana: i tempi di rigenerazione geologica sono troppo lunghi. Perciò, il suo sfruttamento va pianificato con attenzione, valutando rischi e benefici in ottica di transizione ecologica. Le sfide principali riguardano la mappatura dei terreni promettenti, lo sviluppo di modelli predittivi affidabili, la gestione del rischio biologico e chimico, e la creazione di un quadro normativo adatto a regolamentarne l’esplorazione.

I terranei a potenziale idrogeno sono ampiamente distribuiti in tutti i continenti. L’estensione dei bacini sedimentari (giallo), compresi quelli contenenti facies evaporitiche (rosa), è mostrata per evidenziare le regioni che potrebbero contenere potenziali strutture trappola. Esempi di ogni tipo di terrane con accumuli noti di idrogeno sono cerchiati in nero: Oman, complesso ofiolitico; Australia, bacino di Amadeus (un complesso granitico alcalino); USA, rift medio-continentale (una grande provincia ignea); Mali, tonalite-trondhjemite-granodiorite (TTG) e/o cintura di pietra verde. I dati di distribuzione provengono da ofioliti, grandi province ignee, terrane del basamento, bacini sedimentari e bacini evaporitici. La maggior parte dei continenti contiene un’ampia copertura dei tipi di terrane che potrebbero contenere sistemi di idrogeno e che hanno un potenziale di accumulo di idrogeno. I dettagli regionali di generazione, migrazione, intrappolamento e conservazione sono necessari per determinare se gli accumuli commerciali sono fattibili all’interno di questi terranei.

In conclusione…

L’idrogeno naturale rappresenta una risorsa energetica affascinante e potenzialmente utile nel contesto della transizione energetica, specialmente per settori industriali difficili da decarbonizzare. Tuttavia, la sua effettiva valorizzazione richiede un impegno interdisciplinare che coinvolga geologi, ingegneri, microbiologi ed economisti. Serve una maggiore comprensione dei processi geochimici e biogeochimici coinvolti, strumenti tecnologici adatti all’esplorazione e una governance responsabile per evitarne un uso insostenibile. Solo con un approccio integrato e scientificamente fondato potremo valutare il vero potenziale dell’idrogeno nascosto nella crosta terrestre.

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