“La sublime scienza dell’astronomia… eleva la mente dell’uomo allo sdegno per il suo piccolo pianeta e per la sua esistenza momentanea.”
— Edward Gibbon
La nostra Galassia non è un corpo statico e immutabile. Sotto la quieta distesa di stelle che vediamo nel cielo, la Via Lattea si muove, vibra, respira. Il suo disco, composto da miliardi di stelle, gas e polveri, è attraversato da onde e corrugazioni che raccontano una storia di interazioni cosmiche, di incontri violenti e di armonie dinamiche.
Un gruppo internazionale di astrofisici, guidato da Eloisa Poggio dell’INAF di Torino, ha recentemente individuato una gigantesca increspatura che si propaga nel disco galattico. La ricerca, pubblicata su Astronomy & Astrophysics nel 2025, svela un fenomeno finora mai osservato su tale scala: una “grande onda” di stelle che attraversa il disco della Via Lattea come un’onda che si allarga sulla superficie di uno stagno.
Utilizzando dati del satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea e di altri cataloghi astronomici, gli studiosi hanno analizzato la posizione e i movimenti di oltre 20.000 stelle giovani, scoprendo che il disco galattico è soggetto non solo a una deformazione nota come “warp” — una sorta di piegatura verso l’alto e verso il basso — ma anche a una corrugazione verticale che si estende per oltre 10.000 anni luce. Questa struttura dinamica, battezzata “The Great Wave”, rivela che la Via Lattea non è affatto in equilibrio, ma continua a vibrare in risposta a forze interne ed esterne, come se stesse ancora risentendo di un antico urto cosmico.
Poggio, E., Khanna, S., Drimmel, R., Zari, E., D’Onghia, E., Lattanzi, M. G., Palicio, P. A., Recio-Blanco, A., & Thulasidharan, L. (2025). The great wave. Astronomy & Astrophysics, 699, A199. https://doi.org/10.1051/0004-6361/202451668
La forma viva della nostra Galassia
Immaginare la Via Lattea come un disco piatto è un errore. Da decenni gli astronomi sanno che la nostra galassia possiede un “warp”, una curvatura dei suoi bordi più esterni che fa sì che il disco si pieghi verso l’alto da un lato e verso il basso dall’altro, un po’ come un vinile deformato dal calore.
Questo fenomeno era già stato osservato negli anni Cinquanta nelle emissioni di idrogeno neutro e, più recentemente, confermato per le stelle. Tuttavia, le cause precise della sua formazione non sono mai state completamente chiarite: si è ipotizzato che derivi da interazioni gravitazionali con galassie satelliti, come la Sagittarius Dwarf Galaxy, o da forze interne generate dalla barra centrale e dai bracci a spirale.
Il nuovo studio di Poggio e colleghi ha utilizzato due campioni di stelle particolarmente giovani per tracciare con precisione la forma tridimensionale del disco: da un lato, circa 17.000 giganti blu, visibili fino a 7 kiloparsec (circa 23.000 anni luce) dal Sole; dall’altro, oltre 3.000 Cefeidi classiche, stelle pulsanti che fungono da eccellenti “candele standard” per misurare le distanze galattiche.
La giovinezza di queste stelle è un fattore chiave: esse non hanno avuto il tempo di disperdersi e conservano quindi l’impronta dei processi dinamici che scuotono il disco. Analizzandone le posizioni e i movimenti, i ricercatori hanno potuto “mappare” il warp della Galassia con una risoluzione senza precedenti, scoprendo che la sua ampiezza raggiunge circa 700 parsec (oltre 2.000 anni luce) a 14 kiloparsec dal centro galattico. Ma la sorpresa più grande è emersa dopo: sopra il warp si nascondeva una seconda, gigantesca increspatura.

La scoperta della “grande onda”
Quando gli autori hanno sottratto dai dati il contributo del warp, aspettandosi di ottenere un disco regolare, hanno invece trovato un residuo coerente: una corrugazione verticale, una sorta di onda che si propaga radialmente verso l’esterno.
Questa struttura, ampia almeno 10.000 anni luce e alta circa 150–200 parsec, mostra un andamento oscillatorio: una regione del disco è sollevata rispetto al piano medio, mentre un’altra, più esterna, è abbassata, come i cresti e le valli di un’onda marina.
Il fenomeno interessa gran parte del disco esterno della Via Lattea: si manifesta tra 10 e 12 kiloparsec di distanza dal centro nella parte meridionale (il terzo quadrante galattico) e tra 12 e 14 kiloparsec nella parte settentrionale.
L’onda si comporta come una perturbazione in movimento, e la sua estensione totale potrebbe addirittura raggiungere 20.000 anni luce. Ciò che rende questo risultato eccezionale è la scala del fenomeno: non si tratta di piccole irregolarità locali, ma di una deformazione globale, in grado di influenzare la cinematica di un’intera popolazione stellare.
Per interpretare il comportamento dell’onda, i ricercatori hanno confrontato le sue caratteristiche con un modello teorico semplificato (“toy model”) che simula il moto di un’onda che si propaga in un disco galattico. Il confronto ha mostrato una differenza di fase di circa π/2 tra la posizione della corrugazione e la direzione del moto verticale delle stelle, esattamente ciò che ci si aspetta da un’onda che si muove.
In altre parole, il disco della Via Lattea sta davvero “vibrando” e l’onda osservata si sta spostando verso l’esterno, come se un colpo gravitazionale avesse attraversato il disco e ne stesse ancora propagando le conseguenze.
Le cause di un’onda galattica
Cosa può aver generato una simile increspatura?
Una delle ipotesi più accreditate chiama in causa ancora una volta la galassia nana del Sagittario (Sgr), una piccola compagna della Via Lattea che, nel corso degli ultimi miliardi di anni, ha attraversato ripetutamente il nostro disco galattico. Ogni passaggio di questa galassia — o del suo alone di materia oscura — potrebbe aver “scosso” il disco come una pietra lanciata nell’acqua.
Simulazioni numeriche ad alta risoluzione mostrano che tali incontri possono generare onde di piegamento e respirazione (bending e breathing modes) che si propagano a grande distanza e restano visibili per centinaia di milioni di anni.
Anche altre forze interne possono aver contribuito. La barra centrale, che ruota come una grande elica di stelle, esercita un’influenza gravitazionale periodica; i bracci a spirale, a loro volta, possono modulare i moti stellari, generando piccole onde sovrapposte.
Tuttavia, la regolarità e l’ampiezza della “grande onda” fanno pensare a un evento più netto e violento: probabilmente un’interazione con un satellite galattico o con un subalone di materia oscura.
In effetti, il fenomeno ricorda molto da vicino le “corrugazioni” osservate anche in galassie esterne, dove strutture simili si formano in seguito a fusioni minori o a perturbazioni mareali. L’onda della Via Lattea sarebbe dunque il segno di un passato turbolento, una cicatrice cosmica ancora in movimento.

Le stelle che raccontano il moto del disco
Oltre alla struttura spaziale, i ricercatori hanno studiato la dinamica delle stelle coinvolte, confrontando la loro posizione con i movimenti radiali e verticali misurati da Gaia.
Nelle regioni corrispondenti al “cresto” della grande onda, le stelle si muovono verso l’esterno del disco, con velocità comprese tra 10 e 15 km/s; una volta sottratto il moto medio dovuto al warp, rimane un residuo sistematico di velocità verticali positive, che si sposta con un leggero ritardo spaziale rispetto alla cresta.
Questa combinazione — spostamento in fase e moto coerente — è la firma inequivocabile di un’onda che viaggia.
La correlazione tra posizione e movimento è stata quantificata con il coefficiente di Kendall, che ha mostrato un valore elevato (0,3–0,4), segno di una relazione fisica robusta.
Tali oscillazioni non sembrano seguire la geometria dei bracci a spirale noti, che sono strutture “trailing” (aperte nella direzione opposta alla rotazione galattica), mentre la grande onda appare leading, cioè inclinata in senso opposto: un indizio ulteriore che si tratta di un fenomeno indipendente, non legato ai bracci stessi.
L’analisi cinematica ha inoltre mostrato che il warp galattico è in precessione, cioè ruota lentamente nel tempo, con una velocità che diminuisce verso le regioni più esterne. Ciò suggerisce che il disco non solo è piegato e increspato, ma anche in rotazione differenziale, come un’immensa bandiera che sventola nello spazio.
Le due popolazioni stellari — giganti blu e Cefeidi — tracciano la stessa struttura, confermando che il fenomeno è reale e non dovuto a errori osservativi: due strumenti diversi, due campioni indipendenti, un’unica grande onda che attraversa la Galassia.
Un messaggio cosmico: la Via Lattea è viva
La scoperta della “Great Wave” cambia radicalmente la nostra percezione della Via Lattea. Per molto tempo, gli astronomi hanno immaginato la Galassia come un sistema sostanzialmente stabile, in lento equilibrio gravitazionale. Ma i dati di Gaia rivelano una realtà molto più dinamica: la Via Lattea è un organismo in evoluzione, che pulsa e vibra sotto l’effetto delle forze che la plasmano.
Ogni stella giovane, ogni movimento residuo, ogni deviazione dal piano medio racconta un episodio della lunga storia di interazioni con le galassie circostanti, con i flussi di gas e con la materia oscura che permea il suo alone.
L’onda scoperta da Poggio e colleghi si colloca anche in un contesto più ampio: quello delle numerose perturbazioni individuate negli ultimi anni nel disco galattico, come la fase a spirale di Gaia — un disegno a spirale nei moti verticali delle stelle vicino al Sole — o la Radcliffe Wave, una catena di nubi molecolari lunga 2,7 kiloparsec.
“La grande onda” si trova però a distanze molto maggiori e coinvolge un numero di stelle immensamente superiore: è un fenomeno su scala galattica, che potrebbe fornire la chiave per comprendere la storia recente della Via Lattea, inclusi i suoi urti con galassie satelliti e le oscillazioni del suo disco di gas e polveri.
Questa scoperta offre anche un prezioso banco di prova per i modelli di evoluzione galattica. Simulazioni future potranno verificare se una singola interazione — per esempio con Sagittarius — sia sufficiente a spiegare l’ampiezza e la coerenza della grande onda, oppure se essa sia il risultato dell’interferenza di più eventi. In entrambi i casi, l’immagine che emerge è quella di un universo dinamico e interconnesso, dove ogni galassia reagisce ai propri incontri come un fluido vivo.

In conclusione…
La “Great Wave” non è soltanto una curiosità astronomica: è una finestra aperta sulla natura stessa della nostra Galassia.
Come un sismografo cosmico, il disco della Via Lattea registra ancora le vibrazioni di antichi impatti e le propaga verso le sue regioni esterne, trasformando il nostro “cielo di casa” in un laboratorio di fisica galattica in piena attività.
Queste onde non sono visibili a occhio nudo, ma vivono nei dati raccolti dai telescopi e dai satelliti: nei millimetri di differenza tra una stella e l’altra, negli impercettibili spostamenti che raccontano storie di energie gigantesche.
In un certo senso, la Via Lattea ci somiglia più di quanto pensiamo: non è mai ferma, respira, si muove, si adatta. Ogni sua increspatura è un ricordo di un incontro, una testimonianza della continua danza cosmica che lega le galassie dell’universo.
E noi, piccole creature di un pianeta immerso in questo mare stellare, siamo parte di quell’onda, trasportati — senza accorgercene — dal grande respiro della nostra Galassia.